Le dieci canzoni(Lloyd Cole) …

Le dieci canzoni(Lloyd Cole)

    1. For crying out loud (Love story)
    2. What he doesn’t know (Don’t get weird about me, babe)
    3. Loveless (Lloyd Cole)
    4. Rattlesnakes (Rattlesnakes)
    5. Lost weekend (Easy pieces)
    6. 2Cv (Rattlesnakes)
    7. Forest fire (Rattlesnakes)
    8. Man enough (Don’t get weird about me, babe)
    9. No blue skies (Lloyd Cole)
    10. Trigger happy (Love story)




Il giorno dopo che il mio primo amore mi…

Il giorno dopo che il mio primo amore mi lasciò (fu un in un lungo pomeriggio su un binario della stazione di una riviera, ma non è di questo che voglio parlare ora, dottore) acquistai, come consolazione, il supremo metodo di consolazione, tre dischi. Erano The queen is dead dei The smiths, Born Sandy Devotional dei Triffids e Rattlesnakes di Lloyd Cole and the Commotions.
Tutti dischi, indubbiamente, adatti ad un ragazzo appena mollato, ma mentre il disco degli Smiths conteneva capolavori (la titletrack, Bigmouth strikes again, There is a light that never goes out) e canzoni che a me parevano imbarazzanti (Never had no one ever, I know it’s over, Some girls are bigger than others) e quello dei Triffids fu presto dimenticato, Rattlesnakes mi entrò immediatamente nel cuore.
Fu con quel disco che mi innamorai delle canzoni di questo introverso artista, che sembrava cercare una terza via tra il rock d’autore e la ballad orecchiabile. Gli intrecci chitarristici di Perfect skin, Charlotte street, Speedboat e Four flights up, l’uso delle orchestrazioni nella titletrack e in Down on mission street, i sentimenti di Forest fire, Patience e Are you ready to be heartbroken? (titolo quanto mai catartico per uno appena mollato) mostravano come si potevano miscelare tutti gli elementi che il pop ed il rock hanno in comune e tirarne fuori un prodotto di qualità superiore. Infine c’era 2Cv, una canzoncina (una filastrocca direi) che mostrava cosa si poteva fare con una chitarra acustica ed una bella voce.
Al momento della sua uscita, il disco ebbe un ottimo successo di pubblico, migliorato dal suo successore Easy pieces, disco meno riuscito che contiene Brand new friend, Lost weekend, Cut me down. Ma Cole e il grande successo non hanno flirtato a lungo, nonostante l’immagine da bello e dannato e i numerosi pezzi orecchiabili inseriti nei suoi album. Infatti con il successivo Mainstream inizia la parabola discendente sia dal punto di vista del successo di pubblico e anche della qualità (per sentito dire, di questo disco conosco solo Jennifer, she said).
L’album successivo, in cui Lloyd non è accompagnato dai Commotions, è, però, un gran ritorno (a 3 anni dal precedente), aiutato da una produzione un po’ più spigolosa e dall’uso in primo piano delle chitarre di Robert Quine. Disco indimenticabile e senza titolo, soprattutto nella prima facciata dove si susseguono Don’t look back, la dura What do you know about love, la dichiarazione d’ intenti No blue skies, il capolavoro Loveless, l’urlo di Sweetheart, la calma di To the church e Downtown. Il disco non ha il successo di pubblico che meriterebbe, ma l’anno successivo con la stessa formazione incide la seconda facciata di Don’t get weird about me, babe, dove le asprezze sono solo nel singolo She’s a girl and I’m a man e le restanti canzoni mostrano sonorità quasi alla Byrds. La prima facciata, invece, è composta da pezzi orchestrati da Paul Buckmaster, che danno un’impressione di una certa pesantezza, pur contenendo i capolavori Man enough e What he doesn’t know.
Il disco successivo, Bad vibes è, invece, uno scivolone totale, con le sue pretese di omaggiare i Beatles più psichedelici e una produzione molto confusa di Bob Clearmountain. In copertina, un Lloyd Cole ancora più svogliato del solito, e nel CD, si salvano solo Morning is broken e Mister wrong. La copertina solare di Lovestory segna un mutamento di direzione, le ballate pop di Trigger happy, Sentimental fool, Like lovers do dominano il CD, che omaggia i Fab Four in una splendida Be There. Ed il tutto si chiude magnificamente con l’ armonica di For crying out loud, disperazione e rassegnazione. Per cinque anni Lloyd Cole non si fa sentire, e io continuo a consumare Love story. Nel 2000 esce The negatives, un disco con un nuovo gruppo, i cui brani soffusi sono facilmente dimenticabili.
E il mese scorso esce Music in a foreign language, CD registrato in casa, intimista e minimale. E un ottimo disco, nel primo mese di ascolto. Contiene una cover di People ain’t no good di Nick Cave, brani fischiettabili come la titletrack e Brazil, tristezze infinite come My other life e un insieme di canzoni ottime. Per riassumere, dottore, ecco la lista, in ordine di bellezza, dei dischi di Lloyd Cole che conosco e le sue dieci migliori canzoni, escludendo l’ultimo disco, troppo recente per averne un giudizio storicamente accettabile.




Dove era zuck l’undici settembre …

Dove era zuck l’undici settembre
L’undici settembre mi alzai di buon ora, dottore, nonostante avessi fatto tardi al circolo la sera prima. Mio padre era già alzato da due ore, penso, e cercò di mettere anche me subito in agitazione.
-Telefona subito a Sleepy, che non si dimentichi di nulla!!! Lo sai come è distratto tuo fratello!!!
-Nemmeno per sogno, pa’, mi fido di lui e non alzerò mai la cornetta per chiamarlo!!! E ti proibisco di farlo tu, ogni particolare è stato preparato con cura, non c’è bisogno di ulteriori accordi.
Feci una leggera colazione e cominciai a provare il nodo della cravatta, bisognava essere perfetti per il gran giorno.
Per le nove e mezza eravamo tutti sulle nostre auto, pronti per arrivare sul luogo stabilito entro le 10.30.
Alle 10 eravamo già là davanti, ma c’era già un po’ di gente.
All’ora prefissata vidi arrivare Smilza, nella sua auto. Scese con il padre e mi venne incontro con uno sguardo preoccupato. Io le strinsi brevemente le mani e le mormorai che tutto andava bene. Mi voltai verso mia madre, la presi sottobraccio ed entrammo.
Tutto si svolse come previsto, anche se Smilza non ricordò a memoria la sua parte e dovette leggerla su un foglietto. Quando tutto fu terminato, si era fatta ora di pranzare, la condussi sulla macchina guidata da Fab e sulle note di Into my arms (N.Cave) ci dirigemmo verso il ristorante.
Quando, verso sera, ritornammo a casa, trovammo ad aspettarci Sisk, con la Vespa nuova, regalo di matrimonio per la mia Smilza.

Come, dottore, lei voleva sapere cosa ho fatto non l’undici settembre del ’99, ma quello del 2001, quello delle torri gemelle? Ehm, quella è un’altra storia, ero a Marcianise con due softwaristi di Newbury, Inghilterra.



Dottore, ho forse trovato il lavoro che…

Dottore, ho forse trovato il lavoro che finalmente mi renderebbe soddisfatto: inventore di nomi di oggetti IKEA

Emmõntälô: Un passo avanti nella filosofia del risparmio IKEA: lo scaffale in faggio Emmõntälô non sta in pacchi piatti, ma in una busta da lettere!!!. Per soli 10 euro ti forniamo un foglietto con la mappa su dove trovare l’albero, le istruzioni su come tagliarlo, portarlo a casa e montarlo.
Skrïkkîôl: Il divano letto il cui dolce cigolio ti accompagna tra le braccia di Morfeo come una ninna nanna.
Sfrüttô: Come fa il tappeto indiano Sfrüttô a costare solo 1 euro? Semplice: basta razionalizzare i trasporti, ridurre i costi di logistica, minimizzare gli sprechi e pagare un niente il bambino che l’ha fatto. Perché io non spreco io Sfrüttô!
Stîngêst: La salvietta per la cucina dall’inconfondibile striscia rosso vermiglio, che rende vermiglio tutto il tuo bucato!!!
Spêkülô: Lo specchio più economico sul mercato!!! Questo è merito soprattutto di una oculata scelta delle materie prime, legno dalla Svezia e vetro dall’Ucraina (sabbia da Chernobil, per la precisione).
Pakkö: Lo scatolone portatutto a cui, appena lo sollevi, cede il fondo. Perché non è uno scatolone qualsiasi, è un Pakkö!!!

Dottore, crede che possa andare?

Zuck carverizzato! …

Zuck carverizzato!
Cosa è successo uscendo da Mickey.
C’era questo tipo, uno slavo di cento chili, che incontravo ogni sera, quando andavo a farmi un goccio da Mickey. Mentre entravo mi sorrideva alzando il suo boccale di birra e Jack Daniels, seduto nell’angolo in fondo. Ogni tanto si alzava e, muovendosi malfermo, veniva ad appoggiarsi al videopoker dove mi giocavo i contanti della mia giornata di lavoro. Quando mi allontanavo, finiti i soldi, mi stringeva e scuoteva la spalla sinistra.
Questo tipo, dicevo, l’ho trovato ieri uscendo da Mickey, che tremava appoggiato sulla mia macchina. Me lo sono caricato sulle spalle e, Dio se pesava, l’ho messo in macchina.
-Grazie, amico.
-Ti porto a casa. Draz.
Era da quando Uma mi ha lasciato, portandosi via Danny, che qualcuno non mi rivolgeva la parola, dopo il bar.
-La tua donna ti ha lasciato, ho sentito, la settimana scorsa.
È il problema dell’estate, devi tenere tutto aperto per far circolare un po’ di aria e poi tutti i tuoi vicini sanno i fatti tuoi, anche quella vecchia impicciona della signora Secondario.
Ho continuato a guardare la strada facendo un cenno con la testa.
L’ultima volta che l’avevo vista si era presentata con sua madre e quattro sacchi della spazzatura. Mentre sua madre gridava tutto quel che c’era da sapere, mi rimbalza ancora nella testa un suo ‘Ha preso anche due lauree, per mettersi con un coglione ubriaco come te’, Uma, quella che era stata la mia Uma, riempiva i sacchetti con i suoi vestiti, senza nemmeno guardarmi. Si è portata via anche quel cappotto che le avevo regalato e in cui si stringeva nei giorni d’inverno, quando aspettava, fuori dalla scuola, che la passassi a prendere con la Corsa.
-Non sei un tipo di molte parole, amico.
-Stasera non sono in vena, si sta avvicinando un temporale.
L’ho detto tanto per dire qualcosa.
Dieci anni, dieci anni siamo durati. In effetti era dalla sera dell’incidente che dormiva da sua madre. Era successo che dopo il lavoro, dovevo andare a prendere Danny che era rimasto a cena da un suo amichetto, Gabriel, Samuel o una cosa simile. Sono arrivato un ritardo perché mi ero fermato per il solito goccio da Mickey, ma a Danny andava bene così, mi pare. Solo che, sulla statale, non sono riuscito a controllare l’auto, deve essere stata una gomma che è scoppiata, e sono andato a finire contro il pilastro dell’autostrada. Danny non si è fatto niente, a parte una cicatrice sul viso per colpa del parabrezza.
-Una burrasca è proprio quello che ci vuole, fratello. Ma tu ce l’hai un lavoro?
Un lavoro fisso lo avevo, stavo in quella ditta che fa consegne, guidavo il furgone, ma questo era prima che il capo mi beccasse un pochino brillo. Mi ero solo fatto un paio di bicchieri passando da Mickey dopo colazione, ma le regole sono le regole.
-Ogni tanto mi chiamano quando c’è da consegnare un carico troppo grande per uno solo o un trasloco, quando c’è da dare una mano, insomma.
-Amico, sto perdendo colpi, e ho bisogno di una persona fidata che mi dia una mano nei miei affari. Hai visto stasera che il buon vecchio Draz non ce la fa nemmeno a tornare a casa da solo.
Sapevo bene quali erano gli ‘affari’ di Draz. Non che potessi permettermi di fare tanto il puro, visto che si avvicinava la fine del mese.
-Draz, non so se sono in grado di darti una mano.
Il mio problema erano gli impiccioni: la signora Secondario, che aveva detto a Uma quando mi ero portato a casa quella tipa rimorchiata da Benny, Markus, che aveva detto al capo che non riuscivo nemmeno a salire sul furgone e lui non sarebbe venuto a fare il giro con me al volante e, soprattutto, la madre di Gabriel, Samuel o cosa che aveva detto a tutti che quella sera non mi reggevo in piedi.
-Il tuo amico Draz ti insegnerà tutto quello che c’è da sapere.
Fuori ha iniziato a piovere.

(Eileen) Aveva anche mandato a Carlyle lunghe…

(Eileen) Aveva anche mandato a Carlyle lunghe lettere piene di divagazioni in cui gli chiedeva comprensione per quella storia – quella storia – ma poi finiva per dirgli che tutto sommato era felice. Felice. Come se, pensava Carlyle, la felicità fosse l’unica cosa che contasse nella vita.
Febbre – Raymond Carver

Una misteriosa epidemia ha trasformato la…

Una misteriosa epidemia ha trasformato la totalità della popolazione terrestre in esseri simili ai leggendari vampiri, che vagano di notte e non sopportano la luce del giorno, l’unico immune è Neville, che cerca di sopravvivere nel mondo ostile e paranoico in cui si è trasformata la cittadina di provincia in cui ha sempre vissuto.
È la trama di I am legend di Richard Matheson, romanzo in uscita per Fanucci in una nuova edizione. Il titolo italiano attuale è un fedele Io sono Leggenda mentre io l’ho conosciuto in un vecchio (anni 80 ma il romanzo dovrebbe essere degli anni 60) volume dei classici Urania col il nome de I vampiri. Lettura consigliata a tutti, ed anche a lei, dottore. Romanzo di suspence, orrore e tolleranza.
Matheson si può definire un geniale artigiano di serie B. È lo sceneggiatore di Duel, esordio di Spielberg alla regia, di molti episodi della serie Ai confini della realtà, quella storica, e di quasi tutti i film di Roger Corman tratti dai racconti di Poe, capolavori del cinema indipendente americano e dell’horror in generale. Matheson ha dato il suo meglio nei racconti brevi e fulminei, dove alla base c’è sempre una idea sconvolgente applicata alla realtà di tutti i giorni (un po’ quello che stava alla base dei telefilm di Ai confini della realtà). Dottore, se riesce a procurarseli, le consiglio di prendere i 4 volumi di Shock!, editi ormai 20 anni fa negli Oscar Mondadori, che raccoglievano quasi tutti i suoi racconti.
Sulla lunga distanza del romanzo, Matheson pone sempre molta attenzione a suscitare meraviglia nel lettore, ma pone il suo shock alla fine del romanzo, che si trasforma da semplice horror in un apologo sulla tolleranza umana.