Sleep tonight

You better get some sleep tonight
You better get some sleep tonight
Honey, just warn your friends
You better get some sleep tonight

Eh sì. Eh sì. Lo so che hai tirato su la carretta per tutti questi anni. Mentre io ero via, in giro. A cercare roba, per lo più. Eri davanti a tutti, a prenderti gli applausi, sì, ma anche a tenere insieme il gruppo. A tenerlo insieme. A cercare una direzione, a lasciarti sedurre dalle mode, a seguirle, a dettarle, a fare dischi con materiale di dieci anni prima. E io ero lì dietro di te, in un angolo del palco, a pochi metri ma lontanissimo. Glimmer twinsEro via, ero fuori, mi trattavo bene come mi curavo i denti. Ma avevo la chitarra, i miei riff e soprattutto avevo il gruppo. Lo so che senza il tuo sbatterti mentre ero via non ci sarebbe stato nessun gruppo, ma tant’è.

Poi mi sono tirato fuori. Sono tornato. Magari è stato merito di quell’ordinanza del giudice, oppure merito tuo, oppure del gruppo, cioè ancora merito tuo. E ho ricominciato a vivere, a prendere in mano la mia vita. E anche il gruppo, naturalmente. Piano, piano la mente mi si è liberata.

E adesso, mi dici che vuoi far da solo. Proprio adesso che sono tornato. Che sono lucido. Oppure proprio per questo? Non vuoi che qualcuno discuta la tua linea? E il gruppo? Lo sai che c’è chi è caduto nel fosso dove stavo io prima. Va bene, fai da solo, intanto lo so che non combinerai nulla di buono. Senza di me, senza il gruppo.

Sai che ti dico? Fatti una dormita, Mick.

All you got to do is close your eyes

Sleep tonight è una delle più belle tra le canzoni dei Rolling Stones cantate da Keith Richards. Sta in Dirty Work, dottori, e ne giustifica l’acquisto.

Addio Syd

Non per fare il polemico ad ogni costo, dottore, ma quanti hanno scritto parole commoventi sul loro blog sulla morte di Syd Barrett ricordano una sua canzone? Non dico nelle versioni Ummagummiche e posteriori dei Pink Floyd post-syd, dico una canzone da The piper at the gates of Dawn.The piper at the gates of dawn
Secondo me pochi pochi pochi.
Questo perché Il primo disco dei Pink Floyd e l’unico, o quasi, con Syd vivo e vegeto e non vegetale, è un disco difficile, lontano anni luce dalla soft musica intellettual-sottofondo da baccaglio che hanno prodotto i suoi compari all’apice del successo. Lontana anni luce nel senso che, mentre la musica dei Pink Floyd anni settanta si libra tre metri sopra il cielo (in certi casi con la profondità dell’omonimo romanzo) per psicoanalizzare il bassista, le composizioni su The piper stanno in una galassia lontana, a flirtare con una supernova e un sole morente (purtroppo ci stava anche la mente di Syd e non è più riuscito a tornare) per poi tornare fugacemente sulla terra per farsi un giro su una bici, parlando di gnomi e spaventapasseri.
Per fare un esempio, in modo che anche lei dottore possa capire, se io, imberbe teenager, avessi invitato una squinzia in camera mia, e, spenta la luce, avessi messo The dark side of the moon sul piatto, sarei potuto passare per l’intellettuale olofonico che poteva cedere ai piaceri della carne. Se invece avessi messo The piper at the gates of dawn sarei passato per un pazzo appassionato di satanismo con una vena bambinesca che cercava di stuprarla.

Comunque, addio Syd.

Before I sputter out

Tra il 12 (Asti) e il 15 (Senigallia) Luglio gli Eels saranno in giro per l’Italia per una serie di 4 concerti.Eels
Purtroppo io sarò in Sardegna. Ma non posso che consigliarvi caldamente di andare ad ascoltarli. Anticipazioni non ne posso fare, possono passare da esibirsi con un quartetto d’archi, come accaduto quest’inverno a Milano, a fare casino con chitarre e campionamenti.
Gli Eels sono una one man band formata da Mark Oliver Everett con diversi musicisti. Ha pubblicato 6 album di studio di cui l’ultimo è un doppio CD con 33 canzoni, Blinking lights and other revelations.
Miglior album del 2005, secondo il mio modesto parere.

Rock trip

Rock trip (Powder) è un romanzo di Kevin Sampson, giornalista freelance ed ex manager di indie band (The Farm).copljc
Proprio per questo la storia dell’ascesa e caduta del gruppo rock The Grams è resa con vivida precisione.
Il libro narra, appunto, la storia della formazione composta da Keva, cantante e leader, da James Love, pseudonimo quanto mai azzeccato del chitarrista, dal batterista Beano e dal bassista Tony Snow, amici inseparabili, del loro manager Wheezer e del loro produttore Guy deBurret.
Sesso, droga e Rock’n’roll, ma non solo, anche paranoie, paura di invecchiare, idealismo e voglia di mollare tutto. Una buona lettura, non molto impegnativa, che illustra con veridicità cosa può agitarsi nella mente, nei pantaloni e su per le narici di un gruppo di ragazzi lanciati verso la fama.
La prima parte è coinvolgente nel suo tratteggiare tutti i personaggi, mentre la seconda mi è sembrata un po’ tirata per i capelli. In definitiva, come la band di cui descrive la parabola, il libro inizia con le premesse per fare il botto e poi fa un mezzo flop.

In memory of Grant McLennan

Dottori, dei Go-betweens non conoscevo nulla. Sì, certo, acquistando il Mucchio li avevo già sentiti nominare e apprezzare come artefici di un pop-rock cristallino nell’epoca dei sintetizzatori anni ’80.McLennan
Non avevano avuto la fortuna dei cugini inglesi Smiths di cui condividevano l’amore per le melodie chitarristiche e la letteratura. Loro, australiani e proprio per questo più affascinanti, avevano sciorinato una serie di 33 giri, da Send me a lullaby  a 16 lovers’ lane, che avevano fatto la gioia dei cultori del pop degli anni 80. Soprattutto di quello sfortunato, quello che, pur avendone tutte le potenzialità, non ha mai raggiunto le vette delle classifiche.
Gli anni novanta avevano visto scomparire ogni traccia del gruppo, che si poteva riassumere in due persone, come tutti i grandi gruppi. Lennon-McCartney, Jagger-Richards, Partridge-Moulding e, per i Go-betweens, Forster-McLennan.
Ma come una buona semente, all’albore del nuovo millennio, la pianta australiana ah cominciato a dare i propri frutti, nello specifico una serie di gruppi che, più o meno dichiaratamente, si rifacevano ai Go-betweens. Primi fra tutti, osannati da ogni snob che si rispetti, i Belle and Sebastian. E allora, cari dottori, i Go-betweens hanno ricominciato a publicare dischi. Di The friends of Rachel Worth (2000) mi capitò di sentire Magic in here, di una semplicità disarmante, mentre di Bright Yellow Bright Orange (2003) sentii la lenta evoluzione di Too much of one thing.
Così, quando uscì Oceans apart (2005), ne acquistai, senza nessuna esitazione, la versione deluxe, con un dischetto dal vivo in più. E non avevo sbagliato, cari miei.
Un disco superbo, con almeno un paio di capolavori, la perfetta Here comes the city e la dolcissima No reason to cry. E le performance dal vivo sul bonus cd non facevano altro che confermare la bontà del resto della loro produzione.
Ed ero pronto ad acquistare ogni loro nuovo cd. Ma non potrò, perché, nella brutta notte del 6 Maggio, Grant McLennan è morto nel sonno.
Con lui se ne è andato uno dei più grandi songwriter degli ultimi trentanni. E se ne dubitate, ascoltate un qualunque loro disco, oppure chiedete agli U2, a Carolina di Monaco, a Jonathan Demme, a Ed Norton o Glenn Close.
Oppure chiedetevi perché una company della serie 24 si chiama Forster-McLennan.