Spuntano due lune dal monte
I Beatles erano gli scarafaggi del beat, i rolling stones da Mannish boy di Muddy Waters, i Led Zeppelin dai dirigibili, i Doors da Aldous Huxley, i REM dai movimenti degli occhi nel sonno, gli Smiths dal cognome più comune che c’è, i Lynyrd Skynyrd dal loro professore stronzo, i Negrita da hey negrita dei Rolling stones, ma ci credereste che i Tazenda hanno preso il proprio nome da un pianeta inventato da Asimov per il romanzo del ciclo della fondazione L’altra faccia della spirale (altrimenti noto come Seconda Fondazione)? Ieri stavo proprio rileggendo questo romanzo e mi è spuntato fuori ‘sto pianeta: cosa lega un gruppo che cantava in lingua sarda con la psicostoriografia? Forse il fatto che gli abitanti del pianeta in questione sono ancora allo stadio rurale e felici di esserlo. Mah…
Mese: Gennaio 2004
Brother, where are t…
Brother, where are thou?
Dove è finito MarkLanegan?
Dottore, un pochino mi manca.
Miss Amanda Jones
Miss Amanda Jones
Oggi, alla FNAC, John Vignola ha presentato il libro di Barbara Tomasino Groupie.
Zuck era tra lo sparuto pubblico, non perché ha sempre sognato di essere una groupie, ma perché ha sempre sognato di avercele, le groupie. Ma, purtroppo, non esistono ancora ragazze che vadano in deliquio alla vista di un gruppo di impiegati dell’information technology, dottore.
Si sa che i personaggi famosi, dai politici ai calciatori, hanno sempre avuto, e hanno ancora, un codazzo di donne pronte ad offrir loro favori sessuali in cambio di denaro o di notorietà riflessa. Ma le groupie sono state un fenomeno diverso, nato dal fatto che la musica rock era vissuta come un autentico mezzo di fuga dalla realtà grigia e borghese delle famiglie del dopoguerra americane e inglesi. Le groupie hanno avuto il loro momento di massimo splendore tra la fine degli anni sessanta e l’inizio dei settanta, quando i grandi gruppi rock (Rolling stones, Led zeppelin) incarnavano perfettamente il trinomio Sex, drugs & rock’n’roll sia sul palco che dietro le quinte. Le ragazze che formavano il seguito di questi gruppi non erano solo un modo per sopportare le lunghe tournee in giro per il mondo, ma facevano esse stesse parte del mito, fornivano ispirazione per canzoni, addirittura aiutavano la stesura (si dice che la frase You can’t always get what you want sia di Anita Pallenberg), ne curavano l’immagine, insomma contribuivano in qualche modo alla statura artistica delle band. Esse erano il contraddittorio simbolo della liberazione sessuale e, contemporaneamente, della sottomissione al maschilismo più becero.Il libro è il frutto di una approfondita ricerca condotta attraverso alcune interviste e analisi di vari documenti, non ha carattere di apologia nè di condanna moralistica. Le ex groupie, adesso, sono signore di mezza età che svolgono attività correlate all’ambiente (artiste, fotografe, scrittici, giornaliste), guardano con una certa dose di ironia al loro passato ma non mostrano pentimenti verso quella vita che a volte poteva essere anche pesante. Con l’avvento del punk, ci sarà una evoluzione verso la parità sessuale anche nel mondo del rock e le groupie piano piano spariranno, inghiottite anche da una mercificazione sempre più accentuata della musica, che perderà gran parte del suo appeal di simbolo di scontro generazionale, per consegnarsi alle strategie di marketing delle boy band (non penso che sia permesso a nessuna della fans dei Backstreet boys fare un plastico del loro pene, come fecero le Plastercaster con Jimi Hendrix e con altri).
Se le interessa l’argomento, dottore, le consiglio di dare un’occhiata a questo libro, mentre Zuck si chiede se è possibile reperire in edizione italiana il mitico Su e giu con i Rolling stones di Sanchez, al posto di un ennesimo album fotografico dal costo esagerato e si augura, dopo il consiglio di ThePetunias, di trovare Performance, film con Mick Jagger e Anita Pallenberg.
E, alla fine, un quizzetto, chi è miss Amanda Jones?
Acquistato il lettor…
Acquistato il lettore DVD
Dottore, la principale differenza tra guardare un film in DVD e guardarlo in videocassetta è che, alla fine, non devi riavvolgere il nastro.
Grazie ad Emanuela:
Grazie ad Emanuela:
THE WORST SEX SCENES…
THE WORST SEX SCENES EVER
Grazie a The yorker, mi sono fatto due risate con le peggiori scene di sesso nei film. Qualcuno ne ha qualche altra da proporre?
Aggiunta: una buona candidata potrebbe essere la scena di sesso sulla Jeep lanciata a gran velocità sulla spiaggia, mi pare fossero Costner e Stowe i protagonisti e il film Revenge.
I was in the house w…
I was in the house when the house burned down
Warren Zevon è morto nel 2003, appena in tempo per terminare The wind,
disco di addio con la partecipazione di ospiti illustri.Ma non voglio parlare di
questo disco, e nemmeno di Excitable boy, disco che nel 1978 ha fatto
pensare alla nascita di una nuova rockstar (contiene la famosa Werevolves of
London, che molti conoscono, ma pochi sanno che è sua) bensì di Lif
e’ll kill ya del 2000.
A quanto pare, questo è il primo disco dopo che
Zevon è venuto a conoscenza della sua malattia, ed è pervaso da un senso della
morte, a partire dal titolo e dai disegni nel libretto interno; una morte non
imminente ma inesorabile, che colpisce sia i ricchi che i poveri, sia i potenti
che l’ultima delle rockstar (From the President of the United States to the
lowliest rock and roll star dalla canzone che dà il titolo
all’album).
La morte è presente, oltre che nella title track, anche nella
brillante canzone di apertura I was in the house when the house burned
down, elenco delle sfortune (sfighe, sarebbe più appropriato chiamarle) che
assediano il protagonista, sempre affrontate con il sorriso ironico che
campeggia nella foto di copertina, ritorna in My shit’s fucked up,
dialogo senza peli sulla lingua con il dottore che gli diagnostica la malattia e
nell’invocazione finale Don’t let us get sick.
Nelle altre canzoni
affiorano i temi sempre cari a Warren Zevon: storie di fortune buttate al vento
(Porcelain monkey Elvis Presley?), cuori infranti (For my next
trick I’ll need a volunteer, I’ll slow you down,
Hostage-o), seduzioni (Dirty little religion), critica sociale
(Fistful of rain).Dal punto di vista musicale, Zevon riassume tutta
quella tradizione di rock cantautorale americano che unisce Bob Dylan a Bruce
Springsteen, chitarre acustiche, armonica, coniugando parole anche pesanti con
una musicalità che rende piacevole l’ascolto anche disgiunto dalla comprensione
dei testi.La voce di Zevon è inconfondibile, profonda ma capace anche di
sfumature dolci. La formazione che lo accompagna è la classica: chitarra, basso,
batteria, tastiere con qualche incursione di mandolini, cori, violini e
armoniche.
Ma quello che mi fa amare questo sfortunato personaggio è
l’ironia, le immagini fulminanti di cui quello che segue è un esempio, da
Fistful of rain:
You can dream the American dream
but you
sleep with the lights on
and wake up with a scream
Infine una
curiosità , il disco è marchiato con il famigerato Parental guidance: explicit
lyrics; non solo, ma nell’elenco delle canzoni sul retro del cd si passa
magicamente dalla 8 alla 10. Il titolo della canzone 9, che manca, immagino per
non incorrere in denunce da parte da qualche bigotto, oppure, peggio da impedire
che il disco sia tolto dagli scaffali delle catene di grandi magazzini che hanno
paura di stupidi boicottaggi, lo si scopre solo acquistando il disco e aprendo
il libretto interno: è My shit’s fucked up, titolo troppo duro per
comparire sull’involucro esterno.