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I was in the house w…

I was in the house when the house burned down
Warren Zevon è morto nel 2003, appena in tempo per terminare The wind,
disco di addio con la partecipazione di ospiti illustri.Ma non voglio parlare di
questo disco, e nemmeno di Excitable boy, disco che nel 1978 ha fatto
pensare alla nascita di una nuova rockstar (contiene la famosa Werevolves of
London
, che molti conoscono, ma pochi sanno che è sua) bensì di Lif
e’ll kill ya
del 2000.
A quanto pare, questo è il primo disco dopo che
Zevon è venuto a conoscenza della sua malattia, ed è pervaso da un senso della
morte, a partire dal titolo e dai disegni nel libretto interno; una morte non
imminente ma inesorabile, che colpisce sia i ricchi che i poveri, sia i potenti
che l’ultima delle rockstar (From the President of the United States to the
lowliest rock and roll star
dalla canzone che dà il titolo
all’album).
La morte è presente, oltre che nella title track, anche nella
brillante canzone di apertura I was in the house when the house burned
down
, elenco delle sfortune (sfighe, sarebbe più appropriato chiamarle) che
assediano il protagonista, sempre affrontate con il sorriso ironico che
campeggia nella foto di copertina, ritorna in My shit’s fucked up,
dialogo senza peli sulla lingua con il dottore che gli diagnostica la malattia e
nell’invocazione finale Don’t let us get sick.
Nelle altre canzoni
affiorano i temi sempre cari a Warren Zevon: storie di fortune buttate al vento
(Porcelain monkey Elvis Presley?), cuori infranti (For my next
trick I’ll need a volunteer
, I’ll slow you down,
Hostage-o), seduzioni (Dirty little religion), critica sociale
(Fistful of rain).Dal punto di vista musicale, Zevon riassume tutta
quella tradizione di rock cantautorale americano che unisce Bob Dylan a Bruce
Springsteen, chitarre acustiche, armonica, coniugando parole anche pesanti con
una musicalità che rende piacevole l’ascolto anche disgiunto dalla comprensione
dei testi.La voce di Zevon è inconfondibile, profonda ma capace anche di
sfumature dolci. La formazione che lo accompagna è la classica: chitarra, basso,
batteria, tastiere con qualche incursione di mandolini, cori, violini e
armoniche.
Ma quello che mi fa amare questo sfortunato personaggio è
l’ironia, le immagini fulminanti di cui quello che segue è un esempio, da
Fistful of rain:
You can dream the American dream
but you
sleep with the lights on
and wake up with a scream

Infine una
curiosità, il disco è marchiato con il famigerato Parental guidance: explicit
lyrics; non solo, ma nell’elenco delle canzoni sul retro del cd si passa
magicamente dalla 8 alla 10. Il titolo della canzone 9, che manca, immagino per
non incorrere in denunce da parte da qualche bigotto, oppure, peggio da impedire
che il disco sia tolto dagli scaffali delle catene di grandi magazzini che hanno
paura di stupidi boicottaggi, lo si scopre solo acquistando il disco e aprendo
il libretto interno: è My shit’s fucked up, titolo troppo duro per
comparire sull’involucro esterno.

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