Regali di Natale…

Regali di Natale
Irvine Welsh – Colla – 2001
Quattro bambini crescono nella Corea di Edimburgo degli anni 70, quartiere popolare di fama pessima.
La loro amicizia sopravviverà fino ai giorni nostri nonostante le diverse strade intraprese.

  • Andrew Galloway, il piccoletto con il padre in prigione e il coltellino mai usato in tasca.
  • Billy Birrell, l’atleta che sogna di fare il calciatore ma diventerà pugile.
  • Carl Ewart, la cui passione per la musica è ereditata dal padre.
  • Terry Lawson, spaccone con il chiodo fisso del sesso.

Tutti sono segnati dal fatto di essere nati in un quartiere malfamato: torneranno lì, indipendentemente dalle capacità e dai talenti posseduti.
Colla di Irvine Welsh è un ottimo romanzo: il linguaggio è quello di Trainspotting (ho la gola secca come la fica di una suora o qualcosa del genere), ma la scrittura si è fatta meno anfetaminica e più descrittiva.
La tecnica è sempre quella dell’affresco corale, visto alternativamente dai punti di vista di ogni protagonista e dallo sguardo oggettivo del narratore.
Su circa 600 pagine di romanzo ci sono momenti di stanca, come tutto il girovagare del gruppo in compagnia della cantante anoressica, ma ci sono anche brani che solo Welsh riesce a rendere con verità ed emozione, come la rissa scatenata infiltrandosi nella curva avversaria,
la disperazione non disperata del sieropositivo, la techno e l’amore universale nei rave dipendenti dall’Exctasy, il taciturno Billy contro il ciarlone Terry.
E soprattutto una grande verità: per la maggiorparte del tempo gli amici li detesti, non li ami. Stai con loro perché non hai altro con cui stare, non hai un altro posto dove andare, non hai altre cose da fare.

Regali di Natale…

Regali di Natale
The dream syndicate – Live at Raji’s – 1989
Dopo quaranta secondi di attesa e di presentazioni: “Ladies and Gentlemen, here are the fabulous Dream syndicate” e parte la chitarra distorta con il meraviglioso attacco di “Still holding on to you“, e siamo dentro al Raji’s – Hollywood California, insieme al gruppo di Steve Wynn, autore di canzoni in cui rock, rumore e romanticismo si mescolano in un calderone infernale.
Sentiamo la tecnica, la passione e il sudore di una esibisione senza risparmio fin dalle prime note del riff.
“Nessuno uscirà vivo di qui” parafrasando una biografia del Re Lucertola, sembra urlare la chitarra di Paul B.Cutler incrociandosi con quella del leader, o perlomeno non uscirà di qui la stessa persona che era entrata.
E, alla fine del primo pezzo, hai già voglia di premere il tasto repeat del telecomando del lettore, ma “Forest for the trees” inizia prima che ti sia ripreso ed è obbligatorio avventurarsi in questa foresta.
La filastrocca distorta di “Until lately” prelude al ritmo sferragliante di “That’s what you always say“, un pezzo del primo disco della band “The days of wine and roses”, farcito di assoli dissonanti.
È il momento di “Burn” e, dopo pochi secondi di intro chitarristico, i poveracci che, come il sottoscritto, non sanno strimpellare una chitarra, si ripromettono di imparare al più presto, per poter esprimere tutto quello che hanno dentro, tutti i sentimenti che grondano dal proprio cuore inascoltato, tutta la rabbia che attanaglia i propri nervi non sfogati.
Poi, tutti calmi, è il momento di “Merrittville“. Chi ci ha lasciato da soli, d’estate, in questa cittadina, e perché? È la voce che lo chiede, ma è la chitarra che ti fa sentirne lo strazio.
E ritornano i giorni del vino e delle rose: caos e ritmo, ballata e urla, assoli e feedback. “The days of wine and roses” ci trascina al delirio visionario di “The medicine show” quasi nove minuti di psichedelia e ripartenze, di corde grattate e distorsioni oniriche su un ritmo ossessivo.
Non possono continuare, loro sono allo stremo come noi che ascoltiamo, ma riprendono, esplodono come James Brown nei suoi concerti, ma senza scadere nella farsa.
Dalle nebbie del Medicine show si arrive ad “Halloween“, ballata acida in cui la voce di Wynn perde la tramontana e urla scomposta, trascinando con se’ tutti gli strumenti.
Boston” è la canzone che Bruce Springsteen scriverebbe se avesse amato di più Neil Young, un magnifico inno che ti costringe a gridare con loro “I don’t wanna be here anymore”.
Per “John Coltrane stereo blues” entra anche l’armonica di Peter Case ed è il gran finale sia di un concerto memorabile sia di un gruppo che ha reinventato il rock negli ottanta del trionfo pop.
Steve Wynn continuerà come solista o in fugaci esperienze di band (i Gutterball) a portare il suo stile cantautorale e chitarristico fino ai giorni nostri, tra l’ altro “Here come the miracles” del 2001 è un capolavoro, ma la purezza e l’ingenuità che traspaiono nei solchi di questo live non si ripeteranno mai più.
Ma perchè la sera del 31 Gennaio 1989 non eravamo ad Hollywood California, al Raji’s?

Grazie a Aleph …

Grazie a Aleph

William, it was really nothing
You are “William, it was really nothing”
You are your own person, and you enjoy solitude.
You think falling in love would be nice, but
it’s not that important and usually doesn’t end
well, so typically you don’t waste your time
pursuing it, and you don’t understand why other
people do. You’ve got better things to do. Your
work, your art, and your experience is what’s
really important to you. You may be a little
bitter, and at times depressed, but what great
artist isn’t?

Which Smiths song are you?
brought to you by Quizilla

Il giochino ha avuto più successo di quello…

Il giochino ha avuto più successo di quello che pensavo. Esimi dottori si sono dedicati alla ricerca delle soluzioni.
La situazione al momento è questa:

Sono rimaste da indovinare queste 2 frasi, che sono di canzoni forse poco note ma di artisti di primo piano e incluse in dischi che hanno fatto la storia.
1. Penso sia meglio chiamare Giovanni, ché sembra che non siano venuti qui per portare la posta
9. Io credo che sia così – e le ricerche lo provano – che chi ha fottuto suore prima o poi si unirà alla chiesa
Orsù, dottori, un ultimo sforzo.

P.S. Dottoressa SeStaseraSonoQui, permesso accordato, non lo faccia troppo difficile, però.