When I was young and full of grace

Stamani, di buona mattina, Zuck si è messo in macchina, naturalmente aziendale, per andare alla Java Conference 2004. Ha caricato un sonnolento Inca davanti alla stazione, e ha puntato verso Milanofiori, in quel di Assago. Purtroppo Poldo non ha potuto completare il gruppo, per un malanno di tipo dentario.
Questi viaggi Genova-Milano suscitano sempre un po’ di nostalgia a Zuck, perché gli ricordano quando lavorava tra Torino e Milano, facendo il consulente, e ogni Lunedì mattina lasciava la bella Genova per addentrarsi nelle nebbie padane a bordo della sua carretta con il mangianastri a tutto volume.
Comunque oggi la giornata era stupenda e l’automobile aveva l’aria condizionata, e la prima sosta è stata all’autogrill di Dorno, per acquistare i panini e la coca cola. Qui i nostri hanno notato la Polizia organizzata con un autovelox, alla caccia di punti dalle patenti degli automobilisti diretti verso sud.
Arrivati alla conferenza, i due si sono impossessati del sacchettino dei depliant alla registrazione e si sono diretti verso la grande sala dove si svolgeva la sessione plenaria della mattina.
Ha iniziato, come di prammatica, un direttore di Sun Italia, che velocemente ha puntato l’obbiettivo sui due settori su cui Sun vuole puntare l’attenzione con Java: digitale terrestre e RFID. Che poi sono due lati della medaglia: il tentativo di essere la leader ship (mediante Java, linguaggio che si astrae dal sistema operativo) della nuova rete: The internet of things, cioé la rete formata non solo dai computer, ma da tutti gli oggetti di uso quotidiano, come i televisori, le carte di credito con il chip o i beni di consumo che recano un RFID (dispositivi di identificazione a radio frequenza di cui Poldo e Mantellini hanno già parlato alcune volte).
Poi è stata la volta di Chicco Testa, ex guida di Enel e ora impegnato nel risolvere i problemi del traffico urbano di Roma, che ha sottolineato come, quando il governo parla di infrastrutture da creare per rilanciare l’azienda Italia, parli di autostrade, ferrovie, ponti, ma non banda larga estesa a tutto il paese.
A seguire, è stata la volta di Jim Waldo, il creatore di Jini e abitué delle conference degli ultimi anni, che ha sottolineato le differenze tra Open Source e Community Source.
Poi si è parlato della nuova sfida di Sun: il lancio di Java Desktop System che, ad un prezzo veramente competitivo (50$ per anno e per utente), vuole dare agli utenti delle aziende un’alternativa al dominio di Microsoft nel settore del desktop.
In questo ambito c’è stata anche la presentazione-demo del progetto Looking glass, il desktop tridimensionale (con le finestre che si mettono di traverso e con gli appunti presi dietro ad esse !!!)di Sun, che indica quale sarà il futuro dell’interazione uomo-computer.
Poi, dopo aver pranzato con il panino dell’autogrill e essersi innaffiato la camicia con una coca cola un po’ troppo eccitata, Zuck ha partecipato alle parallele che vertevano sulle novità di J2SE 1.5, della sicurezza delle applicazioni e sui pattern j2ee per ottenere un design e un’implementazione affidabile.
Alla fine della giornata Zuck e l’Inca, oltre ai depliant e alla conoscenza, portavano a casa la tradizionale maglietta della conference e, gadget mai più senza, la lucetta usb (e per questo Poldo rosicherà non poco).
E, lasciato l’Inca alla stazione di partenza, Zuck inseriva la cassetta nel mangianastri, metteva a tutto volume, e rinnovava i tempi gloriosi in cui cercava di cantare a squarciagola tutta I believe a memoria.

Colpo di classe

L’azione più spettacolare di Italia – Serbia (3-0) Under 21?
Verso il 70′, un idrante per innaffiare il campo si mette improvvisamente ad inondare i giocatori in mezzo al terreno di gioco. Dopo un attimo di sorpresa i calciatori usano gli spruzzi per rinfrescarsi, finché i tecnici del campo non riescono a spegnerlo.

Un post di EmmeBi riporta i modi di chiamare…

Un post di EmmeBi riporta i modi di chiamare ciò che a Genova si dice “marinare” o “bigiare” nelle varie parti d’Italia. Zuck, a questo proposito, ha un simpatico aneddoto di qualche anno fa.
Un sabato mattina, Smilza e Zuck stanno passeggiando allegri per via XX Settembre, rimirando le vetrine dei negozi di abbigliamento ed entrando in tutte le librerie. Dovete sapere che il sabato è il giorno libero per la Smilza, inflessibile professoressa di matematica in Aosta. È il giorno in cui lei, finalmente, può tornare a Genova e rivedere Zuck, suo fidanzato e futuro marito.
Ad un certo punto Zuck ha una crisi di disidratazione: ha bisogno urgente di liquidi. L’unico luogo dove si può trovare una bibita a prezzi non da Costa Azzurra è il McDonald’s. Smilza e Zuck entrano di corsa nel regno della globalizzazione, prendono una Coca media e, mentre Zuck si sta ciucciando le poche goccie di liquido che gli amici di Donald spargono tra i cubetti di ghiaccio nel bicchierone, la Smilza fa:
“È prorprio una strana moda” – indicando una nuca blu elettrico che spunta da un crocicchio ad un tavolo – “quella dei capelli carta zucchero”
“Strana moda?” – dice il reidratato Zuck – “questo è il primo che vedo!”
“No, pensa, anche un mio alunno ha quella capigliatura!”
A questo punto, testa di puffo si volta.
“…Eh…” – fa con la faccia di chi sta vedendo passare davanti a sè tutta la sua carriera scolastica, diretta verso una discarica – “buongiorno prof!”
“Buongiorno” – fa la Smilza trascinando Zuck fuori dal McDonald’s.
E, fuori dall’impero del cibo iperproteico, mentre la Smilza pensa alla tremenda punizione da impartire al valligiano dalla capigliatura estrosa, Zuck riflette sul destino del poveraccio, che, per sfuggire a terribili ronde di fondo valle, aveva portato il gruppo di suoi amici a marinare fino a Genova, vantandosi con le ragazze dubitanti:
“Andiamo a Genova, chi vuoi che ci becchi laggiù?”

Mitchum vs. Marlowe …

Mitchum vs. Marlowe
Su La7 stasera stanno dando Marlowe indaga film del 1978 di M.Winner con Robert Mitchum che interpreta il più famoso degli investigatori privati. Il film traspor ta la trama del primo grande romanzo di Chandler, Il grande sonno, in Inghilterra, a Londra. Unidea quantomeno balzana, che non risolleva le sorti di un film bolso, senza scatti nè fascino. Peccato, perché Mitchum ha certamente il fisique du role (scritto giusto), e aveva dimostrato nel precedente Marlowe, il poliziotto privato, tratto dal secondo romanzo di Chandler, Addio, mia amata, di poter dare vita alla più valida alternativa ad Humphrey Bogart.
Un poliziotto avanti con gli anni, dal fisico imponente ma disfatto, la cui sfiducia nell’animo umano è inferiore solo alla ferrea adesione alla propria morale.
Fringe ed Emanuela, siete d’accordo?

The byrds (1965 – 1968) …

The byrds (1965 – 1968)
È dall’attacco di Mr tambourine man, prima canzone del primo 33 e primo singolo, che tutti si accorgono che un nuovo suono si impossesserà del mondo del pop. Siamo di fronte alla nascita del folk rock: la mistura di vocalizzi alla Beach boys, armonie alla Beatles e parole di Bob Dylan lancia nell’olimpo delle classifiche un gruppo di giovani col caschetto: The byrds.
Gene Clark voce, Roger McGuinn e David Crosby chitarra, Chris Hillman basso e Michael Clarke batteria formano una classica formazione pop-rock, ma cosa li distingue da tutte le altre migliaia di boy band che nascono nel 1965?
Innanzitutto il suono: McGuinn leader e fondatore della formazione suona una Rickenbacker 12 corde e con questa intesse trame che richiamano direttamente il jingle – jangle della canzone di Bob Dylan, Crosby è capace di armonie vocali inspirate, fondendo tutti i membri del gruppo in cori al livello dei Beach boys, Clark è autore di canzoni pop perfette per la scalata delle classifiche, Hillman caratterizza in modo speciale il suo basso, molte volte portato quasi in primo piano; poi i testi, non ci sono molte formazioni pop che si avvalgono della scrittura allegorica di Dylan.
L’album Mr tambourine man (1965) è un capolavoro, della title track si può ancora dire che è meglio della versione di Dylan (essendo stravolta dal punto di vista ritmico), la successiva I’ll feel a whole lot better definisce lo standard per un singolo folk rock (esiste una versione copia carbone di Tom Petty in Full moon fever 1989), You won’t have to cry sono i Beatles con la 12 corde, ci sono Spanish Harlem incident, All I really want to do e Chimes of freedom di Dylan mentre It’s no use esplora territori più vicini al rock.
Il successivo Turn! Turn! Turn! (1966) ripercorre le strade dell’esordio, mescolando pezzi folk (title track di Pete Seeger testo dall’Ecclesiaste) e suggestioni rock. È sicuramente inferiore al precedente, ma il livello è sicuramente alto, confermando la maturità raggiunta da Clark nella scrittura di canzoni (Set you free this time, If you’re gone), la capacità del gruppo di rivitalizzare standard di Dylan (The times they are a-changin’) e rileggere pezzi tradizionali aprendo verso il country (He was a friend of mine). Purtroppo il disco risente delle pressioni della casa discografica per far uscire un clone di Mr tambourine man testimoniate da qualche riempitivo di troppo (Oh Susannah).
Ma il 1966 non è ancora finito e i Byrds hanno qualcos’altro da dire: il singolo Eight miles high esce tra lo stupore generale.
Che musica è questa?
Un intro di basso che ritmicamente dà il tempo ad una chitarra (è McGuinn, influenzato dai continui ascolti di John Coltrane e Raga indiani) che disegna geometrie schizoidi che in breve si perdono in una improvvisazione che si interrompe per fare partire le voci, è un coro di voci ieratiche parla di andare a 8 miglia di altezza, e ritornare giù in un mondo che non è più lo stesso, e poi non c’è ritornello, l’assolo di chitarra è ancora più sconvolto dell’intro, ma la melodia rientra sempre (è l’ultima scritta da Clark, che lascia il gruppo, incapace reggere i ritmi del successo) fino ad un finale ancora più insensato dell’inizio. A dispetto delle polemiche per il testo che allude alle droghe e alla musica che conferma quello che il testo solo accenna, Eight miles high è un capolavoro della migliore specie, quelli innovativi (e il suo sound verrà ripreso, come marchio di un epoca in You’re my drug in Psonic Psunspot (1987) dei Dukes of the stratosphear). A seguire esce Fifth dimension (1966) disco che mantiene le promesse della sua copertina: i quattro byrds superstiti stanno su un tappeto persiano che pare sospeso nel vuoto di un’oscurità impenetrabile. E dopo aver dato vita al folk rock, i quattro virano verso la psichedelia, il raga-rock o forse lo space rock. Dalla compattezza stilistica dei due album precedenti non è rimasto niente: la sperimentazione dello psycho-country della title track, il ricordo degli esordi con aggiunta di orchestrazioni di Wild mountain thyme e John Riley, lo spacepop di Mr spaceman, le inquietanti I see you (dove ritorna la chitarra improvvisa di McGuinn) e I come and stand at every door, l’esordio stupefacente (da molti punti di vista!) alla scrittura solista di Crosby in What’s happening?!?!, nessuna cover di Dylan (!), una strumentale psycho blues (Captain Soul) e una Hey Joe fatta a velocità missilistica. Quello che non manca mai è il riempitivo: 2-4-2 fox trot.
Il disco non va bene commercialmente come i precedenti, ma il gruppo, ormai dilaniato da lotte interne per la leadership, con Crosby da una parte e la coppia McGuinn Hillman dall’altra, sforna un altro capolavoro.
Younger than yesterday (1967) è il prodotto di un gruppo diviso, ma le lotte partoriscono una serie di canzoni indimenticabili (vi fa venire in l’album bianco, vero?). Si parte con So you want to be a rock’n’roll star singolo che è sopravvissuto senza nessun problema al logorio degli anni, che presenta la tromba di Hugh Masekela, impensabile per un singolo pop di quel periodo. Poi Have you seen her face, Time between, Thought and words(che contiene un assolo simil-sitar) e The girl with no nameche prefigurano la svolta successiva, guidata dalla penna bluegrass di Hillman, Renaissance fair (con un attacco a cui gli U2 di I still haven’t found devono più che un credit) e Why perle di quando McGuinn e Crosby si parlavano ancora e il twist per alieni di C.T.A. 102, la cover definitiva di My back pages di Dylan. Su questo gruppo di canzoni si è formata un’intera generazione di musicisti americani, quella che ha dominato la fine degli anni 80, che ha il suo nome più acclamato nei R.E.M., e da qui deriva anche l’amore per la melodia che emerge sotto il rumore degli Husker du. Ma sono le composizioni soliste di Crosby quelle che sorprendono maggiormente: Mind gardens sconvolge con le sue chitarre registrate alla rovescia per riprodurre gli strumenti indiani, e l’autore faticò non poco per far includere questo pezzo nell’album e, soprattutto, Everybody’s been burned la cui bellezza sofisticata e senza tempo colpisce in maniera indelebile, un pezzo che trascende i confini del genere, del tempo e dei gusti personali.
Durante le registrazioni di The notorius byrd brothers (1968), Crosby si presenta in studio con una nuova canzone, ma di questa McGuinn e Hillman non ne vogliono sapere, non la registreranno mai: non è né schizoide né ha parti registrate al contrario, è il testo che non va bene, parla di un triangolo amoroso senza scandali e sensi di colpa, è Triad (incisa poi dai Jefferson Airplane e inclusa in Four way street di CSN&Y). Il dissidio non è più appianabile, Crosby viene licenziato, e con lui se ne va il principale sostenitore della svolta psichedelica degli ultimi due album. In effetti l’album che esce è ancora intriso di sperimentazioni, anzi, forse è il più sperimentale di tutti, con le armonie confuse di Tribal gathering, il moog di Change is now e la psichedelia di Natural harmony e Space odissey, ma l’album suona datato, come se il tocco magico se ne fosse andato con la partenza di Crosby.
E allora un’altra svolta, con Sweetheart of the rodeo (1968) entra nella band un giovane Gram Parsons, che, insieme a Hillman, guida la band verso la creazione di un nuovo genere, il country-rock. Una slide guitar apre il disco con la splendida cover di You ain’t going nowhere di Dylan e prende il posto, con chitarre acustiche a scandire il ritmo, delle armonie con le 12 corde. Il disco soffre di una certa piattezza stilistica, anche se i pezzi sono piacevoli e le cover di rilievo (ad esempio You don’t miss your water e Pretty boy Floyd). Tutto risente del fatto che il più talentuoso nel genere affrontato è appunto il giovane appena arrivato Parsons e McGuinn non accetta di mollare la guida del gruppo, appena riconquistata mandando via Crosby. Quindi, dei vari pezzi di Gram, vengono tenute le ottime Hickory wind e One hundred years from now, mentre tutte le sue parti vocali vengono cancellate dalle session.
Alla pubblicazione del disco, Parsons e Hillman hanno lasciato il gruppo, andando coi Flying burrito brothers ad incidere il vero capolavoro del country rock The gilded palace of sin (1969), e McGuinn, rimasto da solo, continuerà per qualche hanno ad incidere dischi country con il marchio The byrds, piacevoli, ma superflui.

Simpatico Internet Explorer …

Simpatico Internet Explorer
Da Zeus news una simpatica falla di internet explorer:
Sulla pagina dimostrativa di Kurczaba.com c’e un link. Se ci portiamo con il cursore su di esso nella barra in fondo a sinistra apparira’ la destinazione del link.
Tutto OK?
No, perche’ per Internet explorer apparira’ la scritta http://www.microsoft.com, mentre per qualunque altro browser apparira’ http://www.linux.com.
Qual e’ il sito dove verrete diretti quando cliccherete sul link?
E, soprattutto, se il sito non fosse cosi’ innocuo?